Il prof. Pino di Luccio è docente di Sacra Scrittura e vice-rettore della Pontificia Università Gregoriana. Nell’ultimo numero di Civiltà Cattolica propone un’interessante rilettura del brano dell’adultera riportato da Gv 8,1-11. Secondo il biblista Di Luccio, il brano è stato inserito a questo punto del Quarto Vangelo per sottolineare il nesso tra il tempo liturgico e l’esperienza della salvezza. Il racconto è ambientato durante la festa delle Tende o delle Capanne (in ebraico, Sukkòt), con la quale si celebra la cura misericordiosa del Signore per il suo popolo nel tempo del deserto, dopo l’uscita dall’Egitto. La menzione del Monte degli ulivi in Gv 8,1 ricorda che in questo luogo sono ambientate le profezie escatologiche, e in questo luogo nel Giorno del perdono (in ebraico: Yom Kippùr) si svolgeva il rito della giovenca rossa, rito che evocava il giudizio di Dio. Nel Vangelo secondo Giovanni, il giudizio di Gesù è paragonato alla celebrazione di Yom Kippùr e al compimento delle profezie ambientate al Monte degli ulivi. Nell’episodio, che ha sullo sfondo il Sal 96, per la donna adultera, la liturgia diventa vita con un giudizio di misericordia che rinnova, rialza, vivifica. Leggi l’articolo.